Gert :debian: :gnu: :linux:
Scalo montagne, quando posso, altrimenti scrivo, leggo, vedo gente, compilo codice e respiro in silenzio. Umanista con un debole per la fenomenologia, l’ermeneutica, la buona cucina, il buon vino e le amicizie sincere.
𝙿𝚊𝚜𝚜𝚒𝚘𝚗𝚊𝚝𝚎 𝙰𝙸 𝚌𝚘𝚍𝚎𝚛 𝚊𝚗𝚍 GNU/𝙻𝚒𝚗𝚞𝚡 𝚞𝚜𝚎𝚛
@anarchiversitario @politica beh, non male direi. Potremmo esporre i documenti e le testimonianze dei corpi che erano sotto a quelli italiani nelle foibe, ricostruendo la loro storia e quella di chi c’è li ha gettati.
@0alexita @informapirata @eticadigitale un attimo, le mie perplessità erano in relazione al sottotitolo dell’articolo: “Il lungotermismo è una delle filosofie più in voga tra i miliardari del tech…”.
Il pensare nell’ambito della filosofia è lontano anni luce dal pensare nell’ambito tecnico. Già Aristotele diceva: “della teknè c’è dimenticanza, della phonesis no”.
La tecnica non pensa, al massimo calcola. Se poi la devo dire tutta, in quanto sempre vecchia scienza, calcola pure male. Questo poi non vuol dire che non possa generare cose utili e vantaggiose. Il punto è che da quando l’economia ha sposato la tecnica, dando vita all’epoca tecnocratica, ai tecnici è stata data patente per pontificare di tutto, col risultato di prospettive sull’umano aberranti e superficiali. Il lungotermismo non ha alcuna dignità per essere considerato una “filosofia”.
M2C
@informapirata @eticadigitale in questo modo, in nome del profitto, genereranno un lutto senza fine. Uno degli aspetti fondamentali del lavoro di lutto, dopo l’accogliersi nella tristezza e nella condivisione delle emozioni con chi ci vuole bene, sta nel tornare a generare vita trasformando il ricordo doloroso della perdita in una carezza che ci accompagna nella nuova vita. Il capitalismo è la prospettiva più ottusa e tossica che l’umanità possa darsi.
@informapirata @noccioletta @aitech Per addestrare ChatGPT è stato utilizzato un numero di GPU dell’ordine di 10^4 (https://towardsdatascience.com/how-25-000-computers-trained-chatgpt-11104686a24d?gi=c14a164238da#:~:text=Lambda%20Labs%20estimated%20that%20training,in%20a%20matter%20of%20days). Le GPU utilizzate sono le NVIDIA A100 dal costo di circa 10^4$ ciascuna. La dimensione del dataset per la fase di training va da 1 a 100 terabyte.
Per addestrare un algoritmo di AI generativa che possa competere con quelli creati dalle Big Tech quindi servirebbe:
✓ una spesa dell’ordine di 10^8$ (100 milioni di dollari), solo per avere la “materia prima”;
✓ un dataset omnicomprensivo di dimensioni comprese tra 1 e 100 terabyte;
✓un algoritmo con numero di parametri dell’ordine di 10^11 (GPT-3.5) o 10^12 (GPT-4).
Temo quindi che le AI generative opensource fatte in casa siano irrealizzabili. Più semplicemente si usano le API di OpenAI o simili per interfacciarle graficamente e spacciarle come innovazione.
Il fine tuning invece, cioè riadattare un modello pre-esistente per scopi diversi e specifici, è più praticabile e con costi sostenibili.
@letterina @libri Sono senza dignità. Nascondere le proprie responsabilità dietro gli errori altrui è il certificato più autentico che poteva fornire della sua inadeguatezza.
@letterina @libri grazie per la condivisione. Sul tema suggerisco, per chi non lo avesse visto, il film storico: “Lo Stato contro Fritz Bauer”
https://invidious.perennialte.ch/watch?v=BX6fxj747Sg
@informapirata @eticadigitale francamente, è troppo generico. Non è affatto chiaro cosa significhi “benessere”. Persino chi si fa in vena potrebbe dirti che sta una favola quando si fa e in altri suoi rituali. Non per indicare un ruolo necessariamente “tossico” della rete ma trovo molto poco precisa la ricerca.
@informapirata @eticadigitale ma da quando nella Silicon Valley si pensa? Al massimo si calcola, cioè si abita un ambito piuttosto ristretto e angusto del pensiero, sempre solo se porta fatturato. Francamente, non mi pare valga la pena di perderci tempo 🙂
@informapirata @aitech l’ho scritto altrove, lo riscrivo qui (non è riferito a te):
Forse avremmo qualche problema di meno se la smettessimo di usare parole come “creare” in relazione agli output forniti dalle AI dove non c’è alcuna traccia di creatività. Non è una questione di stile ma proprio di contenuto, di attinenza con il fenomeno. Nei fatti il termine che meglio indica ciò che realmente accade è “assemblare” o, al massimo, “comporre”. Parole che evocano scenari molto diversi e si prestano diversamente alla gestione del marketing.
Non vale nemmeno più la pena di commentarle le pubblicazioni non scientifiche sulla AI, sulle quali poi viene plasmato l’immaginario collettivo, il clima e le aspettative sociali. Dai titoli di “esperti” in AI dei quali ormai tutti si fregiano, agli articoli che si lanciano in descrizioni arbitrarie e surreali, quello che abbiamo sotto agli occhi è un gioco commerciale tragicomico.